venerdì 25 aprile 2008

SANDRA


Chiesi un posto all'aperto, me lo indicò una ragazza che suscitò il mio interesse per i capelli alla francese. Mentre iniziava lo slalom fra i tavolini, ampliai gli orizzonti e dalla Francia, giunsi in Sud America.
Mi accomodai ed accesi una sigaretta.
Sole, cielo libero, brezza primaverile...
Tornò per sapere con cosa mi sarei rifocillato.
Se ben ricordo, presi gnocchi alla corteccia di ciliegio ed un antipasto di tartine miste, non volli però quella a base di sangue di rosa.
Ripercorsi con lo sguardo il gioioso zig-zag fra i clienti affamati per soffermarmi poi su due tedeschi.
Quell'uomo era di proporzioni eccezionali, capelli lunghi ma soltanto sulla parte posteriore della testa, classici mustacchioni, vestito piuttosto elegantemente per essere un krukko.
Mi colpì oltre che la mole, l'infinita pazienza con cui cercava di insegnare alla figli ad arrotolare gli spaghetti sulla forchetta a dispetto della sua camicia bianca.
Mi voltai distratto dalla sguaiata risata di una bionda ragazzina americana, con un visetto da fighetta che tracannandosi l'ennesimo bicchiere di rosso, precipitò all'indietro afferrando come appiglio la super macchina fotografica del povero giapponese suo vicino di tavolo, sfasciandogliela al suolo.
La tedeschina si scordò per un attimo gli spaghetti e cominciò a ridere.
Il padre era così felice per quella pausa che anziché riprenderla per le risa convulse, si passò il fazzoletto sulla fronte sudata e sporca di sugo e assaggiò la sua minestra al cedro e zenzero, ormai fredda.
La moretta graziosa mi ricatturò. Aveva in mano i miei gnocchi fumanti.
Fu in quel preciso momento che capii o meglio intuii: percepii qualcosa nel profumo o nel suo sguardo che mi solleticava le ali...
Mi porse il piatto con delicatezza. La ringraziai.
Mentre cercava di aprire la mezza gassata, la osservai meglio: non mi interessavano la stanchezza, lo stress, le delusioni che leggevo su quelle isole di cioccolato fra le ciglia, c'era altro... un timido, piumato potenziale.
Se ne andò con un sorriso delizioso, scomparve dietro la montagna germana che rinunciato al pasto, si era alzato per un istante in piedi, costretto subito a riabbassarsi per far salire la futura donna sulle spalle.
La torre umana si congedò con un cordiale aufwiedersehen.
Provai tristezza.
Terminai anche l'antipasto senza riuscire a farle domande che mi permettessero di capire se forse, anche lei, avesse saputo volare: quell'abbuffino del proprietario interrompeva qualsiasi nostro scambio di pensieri.
Avrei voluto portarla via ma se non avesse avuto le ali?
Si sarebbe potuta far male, e se le avesse avute senza saperlo?
Si sarebbe fatta male comunque.
Pagai il conto. Cercai i suoi occhi e lessi paura. Sorrisi e tornai al vento.

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